LE CIOPPE DI CRISTOFANO DI ARRIGO dal Campo ribelle pisano


In un Campione di beni appartenenti ai ribelli al comune di Firenze – lo stesso citato qualche tempo fa nell’articolo su Iacopo picchiapietre – si trovano interessanti aspetti della vita quotidiana pisana degli anni ‘30 del Quattrocento. Alcuni si ricavano ad esempio nelle pagine dedicate a Cristofano (= Cristoforo) di Arrigo dal Campo della cappella di San Piero in Vincoli. La sua posta, in primis, riporta gli immobili di proprietà dell’uomo. Sono ricordate in parrocchia:
– mezza casa con mezza bottega non divisa con il parente Nanni del Campo, di loro uso, a confine con l’Arno e Sant’Iacopo a Mercato (chiesa non più esistente).
– tre botteghe insieme sempre presso l’Arno e Sant’Iacopo a Mercato.
– una casa accanto al “chiasso di ser Piero” e a un chiasso vicinale.

C’erano poi in città:
– una casa piccola a Sant’Andrea Fuor di Porta posta nella “via del Campanile”.
– una casa a Casapieri presso l’Arno e i beni di Piero Galletti.

Degli immobili ubicati in vari luoghi del distretto e del contado, sono ricordati tra i molti possedimenti:
– della terra nella cappella di San Michele degli Scalzi con un confine nella chiesa di San Cataldo (scomparsa) e i beni di tale Puccetto del Baciucco.
– della terra nella cappella di San Piero a Cisanello presso la strada.
– della terra con casalino in Campo di San Giovanni a confine con la strada e San Piero in Grado.
– “uno mulino terragniolo e una fabricha grossa e un carbonile posto a pie’ del ponte di Vada” (sul fiume Fine, oggi comune di Rosignano Marittimo).
– mezza proprietà non divisa con messer Bartolomeo da Scorno di terre pasturate a Vicarello di Collina, comperata da Battista Lanfreducci e dalle “donne di San Vito” (le suore francescane di Pisa).


Segue un lungo elenco di masserizie. Tra queste casse, cassapanche, forzieri, materassi, coperte, lenzuola, le cortine da letto, una coltre da culla e un “saccone alla pisana”, cioè un tipo di involucro di stoffa pesante con imbottitura vegetale, il quale veniva collocato tra le tavole e il materasso. Quello “alla pisana” però aveva però una diversità che almeno a chi scrive non è nota.
Quindi appaiono delle belle vesti, segno dell’importanza della famiglia e di Cristofano. Erano:

– Una cioppa di monachino foderata di martora, cioè un’ampia cappa lunga fino ai piedi di tessuto simile al saio dei frati e foderata di pelliccia di questo mustelide.
– Una cioppa marmorina (di colore del marmo) foderata di pelle nera.
– Una “ciopetta” di marmorino foderata di panno rosso.
– Una cioppa di marmorino foderata di panno nero.
– Un “ucchetto” [sic, forse lucchetto] di guarnello: il lucco era una veste lunga accollata di tessuto d’accia e bambagia.
– Una camicia nuova da uomo.
– Un mantello da donna verde bruno.
– Una cioppa verde bruna da donna.
– Una camicia rossa.
– Un guarnello senza maniche.
– Una giornea di guarnello da donna, cioè una sopravveste che copriva il petto e il dorso.
– Una cioppettina “cilestra” (= celeste) foderata di pelle bianca.
– Un fodero da donna.
– Un mantellino bigio da fanciulla.
– Una camicia celeste foderata di fodera.
– Una cioppa verde bruna da uomo.

Erano poi segnati tra le altre cose un sacchetto con dentro “stormenti e altre scritture”, cioè carte notarali e di altro tipo, tre sacche con 60 libbre d’accia (matasse di stoppa o canapa), una cassa e una cassetta da navigare, che era il miglior modo per far fortuna a Pisa a quei tempi. Era di valore anche il libro “di Tristano” (e Isotta), storia di amori sfortunati di cavalieri, principi e principesse del Nord Europa, ma della quale era stata fatta una versione in volgare te4mpo prima da Rustichello da Pisa (1272-1274).
Cristofano insomma prediligeva leggere le storie romanzate che allora andavano di moda, ma più prosaicamente, essendo ribelle, il 10 aprile 1434 ebbe l’esperienza spiacevole di sapere inventariate e consegnate le sue cose ad altri. Se ne occuparono i provveditori e commissari della gabella Paolo di Vanni Rucellai e da Banco di Sandro che però fecero restare le botteghe di proprietà in famiglia destinandole a sua moglie Filippa per parte della restituzione della dote. Anche gran parte delle terre vennero date “alle donne” sempre per dote. Forse erano le figlie.


Cristofano è ricordato nel 1398 in una pergamena notarile. Qui è detto figlio di Enrico (diffusa variante onomastica di Arrigo) del fu “ser Bondo” e a questa data assieme al padre confessò di aver ricevuto la somma di fiorini 800 d'oro come dote della sopra citata Filippa che era la figlia di Lotto del fu Giovanni Bartalotti della parrocchia di Santa Cecilia. Essendo morto il genitore, l’aveva pagata Bartolomeo, zio paterno di lei. Nell'atto si ricorda anche che qualche tempo prima in “nomine antefacto” Cristofano aveva dato lire 100 alla stessa Filippa.
Nel 1403 invece l’uomo è menzionato con il fratello Ranieri in una pergamena dove sono detti del fu Enrico del fu “ser Vannis” (sic!) della cappella di San Pietro in Vincoli (pensiamo siano la stessa persona e non due improbabili omonimi). Nella carta si apprende inoltre come entrambi subissero una sentenza sfavorevole da parte di Gerardo del fu Iacopo da Fauglia e di Giovanni di Francesco Zacci giudici pubblici della corte degli arbitri di Pisa. Ovvero, essendo debitori, videro aggiudicati a Nofrio del Mosca del fu Iacopo del fu Giuliano della cappella di Santa Cristina due loro pezzi di terra con una casa ortale posti nei comuni di Orticaia e di Noce, quest’ultimo nel luogo detto “allo Scoglio” presso l’Arno. I detti beni valevano 35 fiorini d’oro che erano il resto di 500 fiorini presi a mutuo tempo prima.

Paola Ircani Menichini, 17 settembre 2021
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RICONOSCIMENTI


Le fotografie


– Particolare della presa di Pisa sul fronte di un cassone conservato nella National Gallery di Dublino, da stemmieimprese.it.

– La parte dell’elenco dei beni del ribelle Cristofano dal Campo, dove si parla del libro di Tristano.

– Coppia a cavallo, dettaglio da un pannello d'avorio su Tristano e Isotta (Parigi, 1340-1350), conservato al Louvre di Parigi, da wikiwand.com.


Precedenti


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La prima parte del libro in «Academia.edu»